Vi diranno mia eterna Musa che la fragilità vi oscura e vi rende asina per la vergogna. Sottili parole giacciono sulle vostre invenzioni capestri, s’attorcigliano nella loro stessa povertà rendendovi ancor più dubbiosa.
Non temete, vi dico poiché arriverà l’esperto momento a svelare i geroglifici. A lui spetterà un lavoro lento e faticoso. Illuminato da una fioca lampada tra i singhiozzi di luce scoprirà l’essenza dell’arte. Vi sono arti, vi dirà che giocano con il corpo, altre che amano lo spirito. Vi è l’arte dei controsensi e un mescolare dallo strano sapore che giunge fino agli occhi. Ogni arte, vi svelerà è presunzione poiché desidera che il tutto prenda forma dal nulla. Solo attraverso le mani senza l’uso delle parole. O vero usi le parole senza bisogno delle mani. O ancora navighi attraverso due corpi senza null’altro. Vorrei anch’io esser dotto mia eterna Musa per conoscere il vostro fare, sapere se anche a voi commuove
portandovi alle stelle. Vorrei assaggiare le vostre più profonde arti per trasmutare la presunzione nel soffice riposare che bacia la vostra bellezza. Vorrei farvi mia eterna Musa ma sono asino per la vergogna accecato dal buio della mia fragilità. Eppure la mia libertà più grande sta dentro quella prigione che ci mescola ci porta fino ai nostri sguardi ci canalizza in un mondo ascetico e crea arte nel modo più assurdo.
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